L’endocardite infettiva nei pazienti sottoposti a TAVI ha rara incidenza(1.1-3.4%), con mortalità del 24-46%. Tra i fattori di rischio principali ricordiamo il sesso maschile, l’età giovanile, la presenza di insufficienza renale cronica o di insufficienza aortica moderata residua, il contestuale impianto di pacemaker in occasione della procedura TAVI, l’esecuzione dell’intervento con la tecnica ViV(dato presente sino al 9.1% dei casi di endocardite post-TAVI).
La diagnosi di endocardite su valvola protesica è spesso complessa, anche in considerazione della bassa sensibilità e specificità dell’ecocardiografia per la possibile presenza di artefatti o per la localizzazione del processo infettivo non sempre valutabile.
Caso clinico: Dopo 60 giorni dalla procedura TAVI ViV, durante il percorso riabilitativo, una paziente di 80 anni ha iniziato ad avere febbre intermittente con incremento degli indici di flogosi. Intrapresa quindi terapia empirica con ciprofloxacina nel sospetto di un’infezione delle vie urinarie, è stata trasferita presso il nostro centro. All’arrivo, sono stati raccolti campioni per emocoltura che, rapidamente, hanno rivelato la presenza di Stafilococcus epidermidis. Sono stati eseguiti quindi ecocardiogrammi (transtoracico e transesofageo) che hanno mostrato la bioprotesi aortica normoinserita, con normale morfologia ed escursione delle cuspidi e gradienti nei limiti (30/17mmHg). Il tratto di aorta ascendente distale alla protesi non era però visualizzabile per masking da parte della gabbia protesica. Dato l’elevato sospetto di endocardite, la paziente è stata quindi sottoposta a TC che ha mostrato in corrispondenza dell'estremo distale dell'endoprotesi craniale uno pseudoaneurisma di 22x11x18mm. È stato quindi eseguito intervento chirurgico con sostituzione della valvola aortica con bioprotesi e dell’aorta ascendente con protesi retta. L’esame istologico su campione operatorio ha confermato la diagnosi di pseudoaneurisma infetto. Dopo 22 giorni dall’intervento, la paziente è stata trasferita presso il centro inviante, con indicazione a prosecuzione di terapia con Daptomicina, per un totale di 6 settimane.
Anche in presenza di reperti ecocardiografici non suggestivi, l’evidenza di emocolture positive in pazienti ad elevato sospetto di endocardite infettiva è dunque meritevole di un approccio diagnostico con imaging multimodale (ad esempio TC o PET) al fine di garantire una precoce ed appropriata terapia.