Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri

CONGRESS ABSTRACT

CONGRESS ABSTRACT

P49

IMPIANTO CHIRURGICO DI UNA PROTESI TRANS-CATETERE PER IL TRATTAMENTO DI UNA DEGENERAZIONE DI BIOPROTESI AORTICA: DESCRIZIONE DELLA TECNICA

G. Del Prete, G. Lixi, A. Spina, B. Loi, E. M. Cirio
AZIENDA OSPEDALIERA BROTZU, SC CARDIOCHIRURGIA, AZIENDA OSPEDALIERA BROTZU, SC CARDIOCHIRURGIA, AZIENDA OSPEDALIERA BROTZU, SC CARDIOCHIRURGIA, AZIENDA OSPEDALIERA BROTZU, SC CARDIOLOGIA INTERVENTISTICA, AZIENDA OSPEDALIERA BROTZU, SC CARDIOCHIRURGIA

INTRODUZIONE. La maggioranza dei pazienti con degenerazione bioprotesca aortica sono attualmente trattati mediante impianto trans-catetere: rispetto al reintervento di sostituzione valvolare chirurgica convenzionale, questa tecnica presenta diversi vantaggi, come la ridotta invasività e il basso gradiente transprotesico, ma è tuttavia saltuariamente irrealizzabile a causa del rischio di occlusione coronarica o della presenza di una bioprotesi di dimensioni insufficienti ad accomodare una protesi trans-catetere adeguata.

CASO CLINICO E DESCRIZIONE DELLA TECNICA. Una donna di 76 anni con diabete tipo 2, ipertensione e dislipidemia è stata riferita alla nostra unità operativa per malfunzionamento protesico 9 anni dopo un intervento di sostituzione valvolare artica realizzato mediante impianto di protesi pericardica Carpentier Edwards 21. Data l’emergenza degli osti coronarici radente all'anello protesico, abbiamo ritenuto che l’estensione dei lembi della bioprotesi in concomitanza con l’impianto trans-catetere avrebbe comportato un rischio elevato di occlusione coronarica (figura 1). Peraltro, abbiamo reputato che il reintervento convenzionale, con escissione completa della bioprotesi e reimpianto avrebbe comportato un rischio consistente di danneggiare l’anello aortico e gli osti coronarici situati in sua prossimità, e sarebbe stato gravato da un rischio di morbidità e mortalità non trascurabili, stanti l’età e le comorbidità della paziente. Abbiamo pertanto optato per una tecnica ibrida. Previa ri-sternotomia mediana, lisi delle aderenze, circolazione extracorporea (CEC), cardioplegia anterograda, e aortotomia trasversa, la biorpotesi è apparsa diffusamente deteriorata: ne sono stati escissi i lembi soltanto, lasciando il supporto rigido in situ (figura 2). Sotto visione diretta, abbiamo impiantato una protesi Sapien 3 Ultra 23, e ci siamo assicurati della pervietà degli osti coronarici. I tempi di ischemia miocardica e CEC son stati rispettivamente 61 e 85 minuti. La paziente è stata trasferita dalla terapia intensiva alla degenza 2 giorni dopo, e dimessa in XI giornata postoperatoria con TC torace soddisfacente (figura 3).

CONCLUSIONE. Riteniamo che questa tecnica, nei casi in cui un'emergenza sfavorevole degli osti coronarici comporti difficoltà tecniche nell’impianto trans-catetere, possa presentare una complessità e potenzialmente morbidità e mortalità associate minori rispetto all’intervento convenzionale di risostituzione valvolare aortica.INTRODUZIONE. La maggioranza dei pazienti con degenerazione bioprotesca aortica sono attualmente trattati mediante impianto trans-catetere: rispetto al reintervento di sostituzione valvolare chirurgica convenzionale, questa tecnica presenta diversi vantaggi, come la ridotta invasività e il basso gradiente transprotesico, ma è tuttavia saltuariamente irrealizzabile a causa del rischio di occlusione coronarica o della presenza di una bioprotesi di dimensioni insufficienti ad accomodare una protesi trans-catetere adeguata.

CASO CLINICO E DESCRIZIONE DELLA TECNICA. Una donna di 76 anni con diabete tipo 2, ipertensione e dislipidemia è stata riferita alla nostra unità operativa per malfunzionamento protesico 9 anni dopo un intervento di sostituzione valvolare artica realizzato mediante impianto di protesi pericardica Carpentier Edwards 21. Data l’emergenza degli osti coronarici radente all'anello protesico, abbiamo ritenuto che l’estensione dei lembi della bioprotesi in concomitanza con l’impianto trans-catetere avrebbe comportato un rischio elevato di occlusione coronarica (figura 1). Peraltro, abbiamo reputato che il reintervento convenzionale, con escissione completa della bioprotesi e reimpianto avrebbe comportato un rischio consistente di danneggiare l’anello aortico e gli osti coronarici situati in sua prossimità, e sarebbe stato gravato da un rischio di morbidità e mortalità non trascurabili, stanti l’età e le comorbidità della paziente. Abbiamo pertanto optato per una tecnica ibrida. Previa ri-sternotomia mediana, lisi delle aderenze, circolazione extracorporea (CEC), cardioplegia anterograda, e aortotomia trasversa, la biorpotesi è apparsa diffusamente deteriorata: ne sono stati escissi i lembi soltanto, lasciando il supporto rigido in situ (figura 2). Sotto visione diretta, abbiamo impiantato una protesi Sapien 3 Ultra 23, e ci siamo assicurati della pervietà degli osti coronarici. I tempi di ischemia miocardica e CEC son stati rispettivamente 61 e 85 minuti. La paziente è stata trasferita dalla terapia intensiva alla degenza 2 giorni dopo, e dimessa in XI giornata postoperatoria con TC torace soddisfacente (figura 3).

CONCLUSIONE. Riteniamo che questa tecnica, nei casi in cui un'emergenza sfavorevole degli osti coronarici comporti difficoltà tecniche nell’impianto trans-catetere, possa presentare una complessità e potenzialmente morbidità e mortalità associate minori rispetto all’intervento convenzionale di risostituzione valvolare aortica.INTRODUZIONE. La maggioranza dei pazienti con degenerazione bioprotesca aortica sono attualmente trattati mediante impianto trans-catetere: rispetto al reintervento di sostituzione valvolare chirurgica convenzionale, questa tecnica presenta diversi vantaggi, come la ridotta invasività e il basso gradiente transprotesico, ma è tuttavia saltuariamente irrealizzabile a causa del rischio di occlusione coronarica o della presenza di una bioprotesi di dimensioni insufficienti ad accomodare una protesi trans-catetere adeguata.

CASO CLINICO E DESCRIZIONE DELLA TECNICA. Una donna di 76 anni con diabete tipo 2, ipertensione e dislipidemia è stata riferita alla nostra unità operativa per malfunzionamento protesico 9 anni dopo un intervento di sostituzione valvolare artica realizzato mediante impianto di protesi pericardica Carpentier Edwards 21. Data l’emergenza degli osti coronarici radente all'anello protesico, abbiamo ritenuto che l’estensione dei lembi della bioprotesi in concomitanza con l’impianto trans-catetere avrebbe comportato un rischio elevato di occlusione coronarica (figura 1). Peraltro, abbiamo reputato che il reintervento convenzionale, con escissione completa della bioprotesi e reimpianto avrebbe comportato un rischio consistente di danneggiare l’anello aortico e gli osti coronarici situati in sua prossimità, e sarebbe stato gravato da un rischio di morbidità e mortalità non trascurabili, stanti l’età e le comorbidità della paziente. Abbiamo pertanto optato per una tecnica ibrida. Previa ri-sternotomia mediana, lisi delle aderenze, circolazione extracorporea (CEC), cardioplegia anterograda, e aortotomia trasversa, la biorpotesi è apparsa diffusamente deteriorata: ne sono stati escissi i lembi soltanto, lasciando il supporto rigido in situ (figura 2). Sotto visione diretta, abbiamo impiantato una protesi Sapien 3 Ultra 23, e ci siamo assicurati della pervietà degli osti coronarici. I tempi di ischemia miocardica e CEC son stati rispettivamente 61 e 85 minuti. La paziente è stata trasferita dalla terapia intensiva alla degenza 2 giorni dopo, e dimessa in XI giornata postoperatoria con TC torace soddisfacente (figura 3).

CONCLUSIONE. Riteniamo che questa tecnica, nei casi in cui un'emergenza sfavorevole degli osti coronarici comporti difficoltà tecniche nell’impianto trans-catetere, possa presentare una complessità e potenzialmente morbidità e mortalità associate minori rispetto all’intervento convenzionale di risostituzione valvolare aortica.INTRODUZIONE. La maggioranza dei pazienti con degenerazione bioprotesca aortica sono attualmente trattati mediante impianto trans-catetere: rispetto al reintervento di sostituzione valvolare chirurgica convenzionale, questa tecnica presenta diversi vantaggi, come la ridotta invasività e il basso gradiente transprotesico, ma è tuttavia saltuariamente irrealizzabile a causa del rischio di occlusione coronarica o della presenza di una bioprotesi di dimensioni insufficienti ad accomodare una protesi trans-catetere adeguata.

CASO CLINICO E DESCRIZIONE DELLA TECNICA. Una donna di 76 anni con diabete tipo 2, ipertensione e dislipidemia è stata riferita alla nostra unità operativa per malfunzionamento protesico 9 anni dopo un intervento di sostituzione valvolare artica realizzato mediante impianto di protesi pericardica Carpentier Edwards 21. Data l’emergenza degli osti coronarici radente all'anello protesico, abbiamo ritenuto che l’estensione dei lembi della bioprotesi in concomitanza con l’impianto trans-catetere avrebbe comportato un rischio elevato di occlusione coronarica (figura 1). Peraltro, abbiamo reputato che il reintervento convenzionale, con escissione completa della bioprotesi e reimpianto avrebbe comportato un rischio consistente di danneggiare l’anello aortico e gli osti coronarici situati in sua prossimità, e sarebbe stato gravato da un rischio di morbidità e mortalità non trascurabili, stanti l’età e le comorbidità della paziente. Abbiamo pertanto optato per una tecnica ibrida. Previa ri-sternotomia mediana, lisi delle aderenze, circolazione extracorporea (CEC), cardioplegia anterograda, e aortotomia trasversa, la biorpotesi è apparsa diffusamente deteriorata: ne sono stati escissi i lembi soltanto, lasciando il supporto rigido in situ (figura 2). Sotto visione diretta, abbiamo impiantato una protesi Sapien 3 Ultra 23, e ci siamo assicurati della pervietà degli osti coronarici. I tempi di ischemia miocardica e CEC son stati rispettivamente 61 e 85 minuti. La paziente è stata trasferita dalla terapia intensiva alla degenza 2 giorni dopo, e dimessa in XI giornata postoperatoria con TC torace soddisfacente (figura 3).

CONCLUSIONE. Riteniamo che questa tecnica, nei casi in cui un'emergenza sfavorevole degli osti coronarici comporti difficoltà tecniche nell’impianto trans-catetere, possa presentare una complessità e potenzialmente morbidità e mortalità associate minori rispetto all’intervento convenzionale di risostituzione valvolare aortica.INTRODUZIONE. La maggioranza dei pazienti con degenerazione bioprotesca aortica sono attualmente trattati mediante impianto trans-catetere: rispetto al reintervento di sostituzione valvolare chirurgica convenzionale, questa tecnica presenta diversi vantaggi, come la ridotta invasività e il basso gradiente transprotesico, ma è tuttavia saltuariamente irrealizzabile a causa del rischio di occlusione coronarica o della presenza di una bioprotesi di dimensioni insufficienti ad accomodare una protesi trans-catetere adeguata.

CASO CLINICO E DESCRIZIONE DELLA TECNICA. Una donna di 76 anni con diabete tipo 2, ipertensione e dislipidemia è stata riferita alla nostra unità operativa per malfunzionamento protesico 9 anni dopo un intervento di sostituzione valvolare artica realizzato mediante impianto di protesi pericardica Carpentier Edwards 21. Data l’emergenza degli osti coronarici radente all'anello protesico, abbiamo ritenuto che l’estensione dei lembi della bioprotesi in concomitanza con l’impianto trans-catetere avrebbe comportato un rischio elevato di occlusione coronarica (figura 1). Peraltro, abbiamo reputato che il reintervento convenzionale, con escissione completa della bioprotesi e reimpianto avrebbe comportato un rischio consistente di danneggiare l’anello aortico e gli osti coronarici situati in sua prossimità, e sarebbe stato gravato da un rischio di morbidità e mortalità non trascurabili, stanti l’età e le comorbidità della paziente. Abbiamo pertanto optato per una tecnica ibrida. Previa ri-sternotomia mediana, lisi delle aderenze, circolazione extracorporea (CEC), cardioplegia anterograda, e aortotomia trasversa, la biorpotesi è apparsa diffusamente deteriorata: ne sono stati escissi i lembi soltanto, lasciando il supporto rigido in situ (figura 2). Sotto visione diretta, abbiamo impiantato una protesi Sapien 3 Ultra 23, e ci siamo assicurati della pervietà degli osti coronarici. I tempi di ischemia miocardica e CEC son stati rispettivamente 61 e 85 minuti. La paziente è stata trasferita dalla terapia intensiva alla degenza 2 giorni dopo, e dimessa in XI giornata postoperatoria con TC torace soddisfacente (figura 3).

CONCLUSIONE. Riteniamo che questa tecnica, nei casi in cui un'emergenza sfavorevole degli osti coronarici comporti difficoltà tecniche nell’impianto trans-catetere, possa presentare una complessità e potenzialmente morbidità e mortalità associate minori rispetto all’intervento convenzionale di risostituzione valvolare aortica.