Il tasso di sopravvivenza dei malati di cancro è significativamente aumentato negli ultimi 25 anni grazie agli straordinari progressi delle terapie antitumorali. Tuttavia molti agenti chemioterapici sono potenzialmente cardiotossici. In particolare, la cardiotossicità indotta da antracicline è una condizione clinica causata da farmaci chemioterapici che comportano alterazioni morfo-funzionali e morte cellulare dei cardiomiociti; la manifestazione clinica più tipica di tale cardiotossicità è lo sviluppo di una disfunzione ventricolare sinistra, che col tempo può evolvere verso lo scompenso cardiaco conclamato. E’ caratterizzata quindi da uno stadio asintomatico reversibile che progredisce a uno stadio irreversibile, spesso difficile da trattare. Per una precoce individualizzazione di tale tossicità è stato istituito nel nostro centro un ambulatorio dedicato per il monitoraggio dei pazienti sottoposti a trattamento con chemioterapici cardiotossici. Descriviamo il caso di una paziente di 53 anni con funzione sistolica biventricolare conservata in trattamento neoadiuvante per carcinoma mammario, che al termine della seconda infusione di Antracicline presentava dispnea da sforzi lievi associata a segni radiologici di congestione polmonare ed al rialzo degli indici di miocardionecrosi e del BNP. All’ecocardiogramma si riscontrava un improvviso peggioramento della funzione sistolica ventricolare sinistra che risultava 48%. Si decideva pertanto di ricoverare la paziente e di impostare una terapia diuretica infusionale con rapida risposta clinica e strumentale. Si aggiungeva in terapia anche un SGLT2- inibitore con indicazione per il trattamento dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione moderatamente ridotta. Al controllo a un mese si riscontrava un recupero quasi completo della funzione ventricolare sinistra ed un netto beneficio sintomatologico con associata normalizzazione dei markers laboratoristici di danno miocardico e di scompenso cardiaco, con la possibilità per la paziente di essere sottoposta all’intervento chirurgico di asportazione della massa tumorale. Questo caso clinico potrebbe rappresentare uno spunto per iniziare a considerare la terapia con SGLT2-inibitori per la prevenzione ed il trattamento precoce delle tossicità cardiache da alcuni chemioterapici, al fine di evitare il processo di irreversibilità del danno miocardico con conseguente successiva scarsa risposta alle terapie anti-scompenso convenzionali.