Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri

CONGRESS ABSTRACT

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Un raro caso di cardiotossicità da platino: case report

Maratea Anna Chiara Napoli (Napoli) – Dipartimento Di Scienze Mediche Translazionali, Universita’ Degli Studi Della Campania L. Vanvitelli | Mauriello Alfredo Napoli (Na) – Dipartimento Di Scienze Mediche Translazionali, Universita’ Degli Studi Della Campania L. Vanvitelli | Liccardo Biagio Napoli (Na) – Dipartimento Di Cardiologia, Ospedale V. Monaldi | Desiderio Alfonso Nocera (Sa) – Dipartimento Di Cardiologia, Ospedale Umberto I | D’Andrea Antonello Nocera (Sa) – Dipartimento Di Cardiologia, Ospedale Umberto I

Background: Il regime chemioterapico contenente l’associazione Carboplatino-Gemcitabina è frequentemente utilizzato per migliorare l’outcome delle pazienti affette da tumore della mammella metastatico. I derivati del platino vengono inclusi anche nelle recenti LG ESC riguardanti la cardioncologia come potenziali agenti in grado di determinare infarto del miocardio, trombosi e, raramente scompenso cardiaco. In questo scenario risulta fondamentale uno stretto follow-up cardiologico durante e dopo la terapia.

Case report: Riportiamo il caso clinico di una donna di 38 anni in cura presso l’oncologia di riferimento per recidiva di adenocarcinoma della mammella in stadio IV. La paziente si sottoponeva a cicli di chemioterapia contenenti l’associazione Carboplatino-Gemcitabina, con buona risposta alla terapia. Giunge alla nostra attenzione, presso l’ambulatorio di Cardiologia, per severa dispnea, insorta alcuni giorni prima e non compatibile con l’attuale situazione oncologica. In tale sede riscontro ecocardiografico di severa disfunzione ventricolare sinistra (EF 25%; GLS – 9.2%; ntproBNP 10000 pg/mL), non emersa nei controlli precedenti, e versamento pericardico circonferenziale, localizzato prevalentemente lungo la parete libera del ventricolo destro, allo stato non emodinamicamente significativo. Presenza altresì di segni ecografici di congestione polmonare e versamento pleurico bilaterale. Pertanto, veniva ricoverata in UTIC per il prosieguo dell’iter diagnostico terapeutico. Sottoposta quindi a terapia diuretica ev, emodinamicamente supportata da vasopressori ed inotropi. Effettuava infatti ciclo di Levosimendan con ottima risposta. Ristabilito il compenso emodinamico, si sottoponeva la paziente a CMR cardiaca che escludeva cardiomiopatie e miocardite ed esame coronarografico con evidenza di coronarie esenti da lesioni significative. Dopo 18 giorni di degenza nel nostro reparto, la paziente ha sviluppato un miglioramento della EF (EF 38%, GLS -12.5%, ntproBNP 2000 pg/mL), pertanto veniva affidata alle cure dell’oncologia per intraprendere terapia immunologica.

Conclusioni: La diagnosi di cardiotossicità, nel singolo paziente, può non essere agevole per l’aspecificità dei sintomi, per il decorso silente o per la presenza di comorbilità. Attualmente il danno cardiaco da chemioterapici è considerato reversibile se precocemente riconosciuto. La terapia si basa sulla rimozione del farmaco e sul trattamento dei sintomi, essendo questi svariati e imprevedibili.