Già dai primi dati di letteratura è emerso che i cardiopatici hanno un aumentato rischio di contrarre l'infezione da Sars-CoV-2 e un decorso clinico peggiore. Da marzo a maggio 2020 sono stati arruolati 85 pazienti affetti da COVID-19, ricoverati presso l'Ospedale di Reggio Calabria. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a esame clinico, TC torace, ECG e dosaggio dei markers di danno cardiovascolare e di flogosi. 31 pazienti sono stati sottoposti a ecocardiogramma, correlando i dati ricavati ai parametri ECG, TC, clinici e bioumorali. Lo scopo dello studio è stato valutare l’impatto prognostico di un coinvolgimento cardiovascolare nella COVID-19, indagando sull’effetto dei fattori di rischio, dei livelli dei markers di danno cardiovascolare e delle alterazioni ECG ed ecocardiografiche di nuova comparsa su un endpoint primario composito costituito dalla combinazione di exitus e necessità di cure intensive. Abbiamo poi analizzato la correlazione reciproca di ciascuno dei parametri e ricercato la presenza di segni ETT di sovraccarico delle sezioni destre della patologia polmonare. Tra i pazienti con prognosi peggiore, l’81,2% era iperteso, il 12,5% diabetico, il 25% dislipidemico. Dal confronto tra le due sottopopolazioni analizzate è emerso che i pazienti a prognosi più infausta erano ipertesi (p 0,02). Intervalli QTc più lunghi erano associati a livelli maggiori di PCR (p <0,0001) e PCT (p 0,005). Tutti i markers di danno cardiovascolare avevano valori più elevati nei pazienti più critici e uguale comportamento hanno mostrato gli indici di flogosi. I pazienti a prognosi peggiore avevano valori di AcT polmonare significativamente più ridotti (p 0,002), correlati a livelli più elevati di D-dimero (p 0,01) e degenze più complicate (p 0,02). Non sono emerse differenze significative tra i valori di PAPs, dimensioni del ventricolo destro, TAPSE e diametro del tronco polmonare nelle due sottopopolazioni. Diametri maggiori del ventricolo destro si associavano a tronchi polmonari più dilatati (p 0,009) e livelli più elevati di IL-6 (p 0,004). Il dato più interessante del nostro studio è il comportamento dell’AcT polmonare: AcT più brevi si associavano a livelli maggiori di D-dimero, espressione di burden trombotico polmonare, e prognosi più infausta, con PAPs tendenzialmente normali. L'analisi di questo parametro, di facile calcolo, può quindi rivestire un ruolo cruciale nel follow-up dei pazienti COVID-19.